Cassio e Bruto . “De li altri due c’hanno il capo di sotto,
Quel che pende dal nero ceffo è Bruto: Vedi come si storce, e non fa il motto!; E l’altro è Cassio, che par sì membruto. “ Dante Alighieri, Inferno, XXXIV, 64-67. Ed eccoci arrivati ai due protagonisti principali. Dante nella Commedia li schiaffa nel luogo più cupo, nella Giudecca, tra i traditori dei benefattori, insieme a Giuda, condannati ad essere per sempre dilaniati da Lucifero. Direi che è un mònito severo, ma del resto è famoso il detto “ fai del bene e scordatelo”. Questi due personaggi meritano una considerazione più attenta. Chi sono? Cosa li ha spinti, con ruoli e tempi diversi, a uccidere Cesare? Gaio Cassio Longino, era di famiglia nobile e rispettabile, fervente repubblicano, valente e coraggioso generale. Si dice che da ragazzo fece una scazzottata col figlio di Silla, e già da allora mostrò impegno e intolleranza verso qualsiasi forma di governo tirannico. Shakespeare lo descrive per bocca di Cesare alto, pallido e magro “ quel Cassio ha una faccia smunta e famelica; pensa troppo: gli uomini come lui sono pericolosi”. Fu al servizio di Crasso, uno dei tre Triumviri, nella famosa battaglia di Carre, dove Crasso fu sconfitto e ucciso e il nostro Cassio riuscì a mettersi in salvo salvando la vita a non meno di 10.000 uomini. Non male direi. Governatore in Siria, depredò gli abitanti della sua provincia (malcostume piuttosto diffuso) e si guadagnò l’appellativo di Dattero, perchè vendeva e comprava merci siriane, suscitando non poco scandalo tra gli snob aristocratici romani. Molto vicino a Cicerone, negli anni della guerra civile prese posizione al fianco di Pompeo e lo ritroviamo a Farsalo ancora nelle fila pompeiane. Dopo la vittoria di Cesare, Cassio fa un voltafaccia e si avvicina al vincitore. Si è molto discusso sulla clemenza di Cesare. Cesare, che in Gallia aveva sterminato senza rimpianti intere tribù, con la stessa disinvoltura perdonava i suoi nemici. Ovvio. Cesare è un politico accorto, certamente, ma per carattere forse non ama spargimenti di sangue inutili, pur avendo -bisogna dirlo- sterminato intere tribù nel corso delle sue campagne di conquista. Leggendo i Commentari tutto avviene con estrema lucidità, nella logica ferrea del militare razionale dove le ragioni della guerra sono sopra tutto, ma spietatezza no, quella non serve. Si aggiunga che, da fine politico, aveva un’indole pragmatica e l’eliminazione di alcuni nemici che poteva portare alla sua causa gli deve essere sembrata un’azione sciocca e illogica. Luca Canali così scrive:” la clemenza di Cesare aveva come necessaria premessa la degnazione del principe, ossia il concetto che il bisogno di pace sarebbe stato soddisfatto solo nell’ordine di un potere personale fortemente centralizzato: quello del dittatore perpetuo”. Cesare si pone come il fulcro tra gli optimates -chiusi in un mondo stanco e anacronistico- e la nuova “borghesia” emergente municipale, teso verso un nuovo progresso, una nuova visione universale. Tornato a Roma Cassio è inquieto. Ambisce ancora ad incarichi prestigiosi, la pretura urbana e il consolato. Alla pretura Cesare gli preferì Bruto e i due entrarono in urto...divide et impera potremmo azzardare, ma evidentemente non abbastanza... Nella tradizione il ruolo di Cassio nella congiura è unanimamente riconosciuto come quello dell’ideatore. Le fonti ci parlano di un primo nucleo operativo che da tempo, nascosto nell’ombra, organizzava la congiura e solo in un secondo momento, venne avvicinato e coinvolto attivamente Bruto. Bruto mio ma che combini? Sfatiamo subito la diceria che Marco Giunio Bruto fosse il figlio naturale di Cesare. La matematica non è mai stata il mio forte ma all’epoca della nascita del bimbo Cesare aveva 15 anni. Vabbè che Cesare era sempre un passo avanti a tutti, ma non confondiamo i pettegolezzi con la verità. Bruto è uno di quei personaggi sfuggenti e dai contorni indefiniti. Di lui Cesare disse “Bruto non sa quello che vuole, ma lo vuole fortemente”. Se non fosse per la parte che ebbe nella congiura forse sarebbe scomparso tra le pieghe del tempo. La storia è fatta di protagonisti e comprimari e Bruto appartiene a quest’ultima categoria. Si porta sulle spalle un nome importante “Bruto” il fondatore della Repubblica, colui che cacciò l’ultimo re di Roma e che assistette implacabile alla morte dei figli accusati di voler restaurare la monarchia. Altri tempi e altra caratura. Il nostro di Bruto di grande aveva solo il nome, un nome che pesava come un marchio, un nome con la maiuscola. La madre, Servilia, fu sorella di Catone e amante di Cesare. Il padre, anche lui di nome Marco Giunio Bruto, fu tribuno nell’83 a.C., militò tra i populares al seguito di Mario e venne ucciso per questo, durante la guerra civile, dal luogotenente di Silla, Pompeo. Sì proprio quel Pompeo! Quando Cesare attraversa il Rubicone e scoppia la seconda grande guerra civile, il ragazzo si schiera dalla parte di Pompeo. In molti se ne sono chiesti la ragione e questa è una e una sola: Catone. Lo zio, unico tra tutti i protagonisti della vita di Cesare che non fu mai bandieruola politica, ebbe grande ascendente sul ragazzo, forgiandolo nei principi del mos maiorum, libertas, Res Publica, stoicismo. Da Catone ebbe anche altro, la figlia Porcia in moglie, donna forte, di alti princìpi, che avrà un ruolo non secondario nella vicenda della congiura. A Farsalo, dopo la sconfitta di Pompeo, Bruto cambia idea e si allea con Cesare dal quale non solo è perdonato, ma in premio ha il governo della Gallia Cisalpina e poi la pretura urbana di Roma. Ma di notte il fantasma di Catone visita i suoi sogni e di giorno è la moglie Porcia, determinata quasi o più del padre a ricordargli il suo retaggio. Il ragazzo, frastornato e indeciso, è sballottato di qua e di là, tra le convinzioni del passato e una nuova visione politica ampia, aperta e sconcertante; una figura carismatica, affabile e quasi paterna quella di Cesare, che tutto perdona e tutto offusca con la sua luce. E Bruto è un’ombra, un’ombra vaga e indefinita che, nel buio dell’ottusità, verrà avvicinata con fredda determinazione da chi invece le idee ce l’ha e molto chiare, Cassio. Cesare deve morire e perchè questo possa accadere serve un nome, ma non un nome qualsiasi, uno che incuta soggezione e rispetto, uno che richiami alla mente azioni grandiose e memorabili, serve un “Bruto”. E così fu. .....continua
0 Comments
Leave a Reply. |
Archivi
March 2023
,Tutti i diritti riservati. Si prega nel caso si volesse usare il testo o una parte di esso di citare la fonte.
IRENE SALVATORI |
Proudly powered by Weebly