A spasso nell’Etruria moderna. Zaira, una sorpresa inaspettata Irene Salvatori La Toscana è una terra di bellezza e di sorprese. Con grande orgoglio posso dire che una metà di me appartiene a questa terra, l’altra metà è romana. C’è un paesino, Piazze, frazione di Cetona, che da sempre custodisce parte del mio cuore. Qui ho trascorso i momenti più felici della mia adolescenza e qui c’è parte della mia famiglia. Cetona è un mondo incantato, un piccolo borgo tutto pepe con un importante sito archeologico preistorico. Ho girato queste zone in lungo e in largo perchè Cetona è un posto strategico: è praticamente vicina a tutto. Basta prendere la macchina e in breve ci si trova a Montepulciano, Pienza, Siena, Chiusi, Citta della Pieve e Perugia. Questa è una parte dell’Etruria moderna. Il tempo è stato benevolo con questa terra. Il trascorrere dei secoli non ha intaccato la magnificenza di questi luoghi, anzi. Archeologia e natura hanno creato un sodalizio indissolubile e, tra vigneti e uliveti, ecco emergere il Borgo fantasma di Salci, dove tutto è immobile e la storia sembra riassunta nell’affascinante “loggia degli Spiriti”. E poi i borghetti medievali di San Casciano dei Bagni, con le splendide terme e Sarteano, o il Castello di Fighine. Poco lontano da Piazze c’è lei, Chiusi, la terra del leggendario re Porsenna, la regina di un glorioso tempo passato. Se andate a Chiusi sono due le cose da fare assolutamente. La prima è la passeggiata archeologica che dal Museo Etrusco (che conserva reperti di un’importanza unica), vi porta alle tombe e ai sotterranei della città, detti “Labirinto di Porsenna”, una serie di gallerie scavate per l’approvigionamento idrico della città con cisterne etrusco-romane. Oggi, un’attenta politica di valorizzazione culturale ha reso accessibile gran parte delle tombe e dei sotterranei...è consigliabile portarsi un golfino perchè l’umidità taglia le gambe. Sempre al Museo un servizio navetta vi porta alle tombe della Scimmia e della Pellegrina che gli amanti dell’archeologia non possono non vedere. Sono tombe ipogee alle quali si accede scendendo un dromos, corridoio; la prima dell’inizio del V secolo a.C. è famosa per un ciclo di affreschi parietali con giochi di atleti e di bighe dove compare anche una scimmia, da cui il nome. L’altra, del IV-III secolo a.C. appartenuta alla famiglia dei Sentinates, ci ha lasciato ancora in situ 5 sarcofagi e 12 urne in alabastro e travertino. E ancora, la Tomba delle Iscrizioni e del Leone. Al ritorno di una delle mie passeggiate, affamata chiedo al mago della ricerca dei ristorantini tipici, mio marito, di fermarci per una sosta mangereccia. Et voilà ecco che nella mia vita entra Zaira, un locale al centro di Chiusi dove mangiare non è solo esperienza culinaria ma un viaggio nel tempo. Entro e chiedo “avete i pici?”. Una voce dietro di me risponde: “noo, non siamo mica in Toscana”. Mi volto e vedo un giovane simpatico, Marco. Mi piace la sua ironia e già pregusto un buon pranzetto. La proposta di Marco è una cucina tipica toscana leggermente modernizzata. Prodotti d’eccellenza e sapori che mi ricordano l’infanzia, con una strizzatina d’occhio alla sperimentazione. Chiacchierando scopro che la gestione è cambiata da poco. Marco e la moglie Dailin sono ospiti brillanti e amichevoli. Dailin mi incanta. E’ di origini cubane e ha un sogno, portare un po’ della sua terra in quel di Toscana. Il motto di Zaira, per altro già storico ristorante chiusino, è “mi casa es tu casa”, vale a dire: venite, sorridete, mangiate, bevete e godetevi la vita. Poi la sorpresa. Come nulla fosse Marco mi mostra il secondo motivo per cui andare a Chiusi. Armato di lampada ci fa cenno di seguirlo in quelle che, da una breve descrizione, sono le cantine del ristorante ma che, a vederle dal vivo, risultano delle grotte quasi labirintiche. Scendendo mi trovo davanti un mosaico tardo antico e comincio a vacillare. Di gradino in gradino vengo proiettata all’epoca degli Etruschi. Alla fine della scala davanti a me, a perdita d’occhio, una distesa di bottiglie da collezione che spaziano dal Brunello al Barolo, da rare annate di Gigondas a bottiglie di Porto riserva. Uno sguardo a mio marito e capisco di averlo perso. Guardo i soffitti delle grotte e hanno la stessa stratigrafia dei cunicoli del Labirinto di Porsenna. Marco mi spiega che sotto molti edifici di Chiusi ci sono situazioni come queste, ma che quella di Zaira è una delle realtà meglio conservate. Mi aggiro nella penombra e sono rapita. Nel frattempo cerco il consorte e lo vedo che guarda, tocca, annusa e sembra cercare un angolino da dove dire “lasciatemi morire qui!”. Passo oltre e con un solo sguardo abbraccio la ricchezza di questa terra, il vino e la storia secolare. Una sorpresa da non perdere, un mondo da scoprire. Risaliamo senza parole. Ad attenderci i miei agognati pici all’aglione e un eccellente filetto di chianina. Zaira è un mondo, una scoperta. Vi consiglio vivamente di farci un salto. In una botta sola avrete ottima cucina, bella selezione di vini, la storia a portata di mano e l’accoglienza unica di Marco e Dailin, perchè per loro “mi casa es tu casa” non è un modo di dire, ma un modo di essere.
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March 2023
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IRENE SALVATORI |
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