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44 a.C. IDI DI MARZO. Come si costruisce una congiura (quinta parte)

4/16/2018

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.La congiura. I congiurati si mossero in segreto, in piccoli gruppi, scegliendo e reclutando con attenzione. Ognuno espresse il proprio astio contro Cesare, ma dalle fonti sappiamo che nessuno fece  giuramento. In gioco non era solo la libertà ma la situazione precedente a Cesare, per cui l’eliminazione avrebbe dovuto veder coinvolti anche gli uomini più vicini al dittatore, fra questi Antonio. Cassio non ha dubbi e neanche Cicerone, da alcuni ritenuto il Grande Vecchio dietro le quinte, da altri solo informato ma non attivamente coinvolto. Se Antonio non subì il destino di Cesare fu solo per irrevocabile decisione di Bruto : solo il tiranno deve morire, e forse magari Antonio si sarebbe unito a loro. Bruto avversava il Cesare re non  le riforme in atto, che, per altro, avrebbero assicurato il favore del popolo e dell’esercito. La mancata uccisione di Antonio, scagiona, almeno per me, Cicerone. L’oratore a più riprese affermò che se fosse stato per lui avrebbe tagliato il mostro a due teste. In più abbiamo una lettera privata di Cicerone a Cassio :”Questo pazzo di Antonio pretende che io sia stato il promotore della vostra stupenda azione. Lo fossi stato davvero! Lui non sarebbe qui vivo a tormentarci”.
Luogo e giorno: sicuramente prima del 18 marzo, data stabilita per la partenza in Oriente e un luogo simbolico. Inizialmente qualcuno aveva pensato al Campo Marzio, alla Via Sacra o mentre entrava in teatro, ma venne scelto un luogo simbolo, di prestigio, sacro, la Curia di Pompeo (l’altra Curia era chiusa per restauro). Per i congiurati il luogo era determinante, non solo per il buon esito, ma per dimostrare che non si trattava di un semplice omicidio, ma di un atto di “liberazione dal tiranno”. Le fonti unanimamente sono concordi nel dire che fu dopo l’episodio dei Lupercali che la congiura si mise in moto. In realtà era già in fieri, ma solo dopo il 15 febbraio Cassio si riavvicina a Bruto, ed è in questo momento e non prima che Bruto entra in azione. Bruto è l’uomo simbolo che può mettere daccordo tutti e per il nome che porta e per la sua vicinanza a Cesare. Chi meglio dell’uomo amato favorito e perdonato può incarnare l’ideale della libertà sopra ogni cosa? Già da giorni circolavano voci e scritte che inneggiavano Bruto a ricordarsi le sue origini, voci e scritte messe là ad hoc da Cassio e dai suoi compari. E’ ora che Bruto si muove per portare a sè i consensi dei senatori più papabili. Ma, inaspettatamente riceve due rifiuti da due catoniani e pompeiani d’eccezione, Favonio e Statilio. Per entrambi la dittatura di Cesare, per quanto deprecabile è meglio di una sicura guerra civile... quasi dei veggenti (entrambi però li ritroveremo a Filippi nello scontro finale tra cesaricidi e Augusto). Ed è questo uno dei motivi che spianerà la strada ad Augusto, la stanchezza. Stanchezza della guerra, del terrore, delle proscrizioni, dei romani contro romani.
Ognuno dei congiurati deve fare la sua parte. Decimo si assicurerà che Cesare si presenti in Senato e metterà a disposizione la sua squadra di gladiatori in caso di necessità, Trebonio terrà fuori dalla Curia Antonio, gli altri faranno il resto.
E qui il mistero. Cesare pochi giorni prima delle Idi congeda la sua scorta. Era a conoscenza Cesare della congiura? Si. Voci circolavano già da tempo. Ai suoi amici disse: ”Cosa credete che voglia Cassio? A me quel suo pallore eccessivo non piace troppo”. E ancora da chi lo mise in guardia da Antonio e Dolabella:” non temo affatto le persone ben nutrite e con la chioma lunga come la loro, bensì piuttosto quelle pallide e magre”. A parte la storia del pallore che torna sempre, direi che l’allusione a Bruto e Cassio è evidente. Quindi Cesare sa. In più una serie di eventi prodigiosi, naturali o costruiti ad hoc, avevano preannunciato la catastrofe imminente. Ma Cesare razionale e beffardo decise di non dar credito nè ai segni celesti nè a quelli umani. Però congedare la guardia del corpo sembra un’azione assolutamente priva di logica vista l’aria che tira. Se ne sono date più spiegazioni. A più riprese arrivarono nel corso di quei mesi notizie di varie congiure e complotti per cui aveva due alternative, o diventare diffidente e persecutorio, come altri dopo di lui, o semplicemente non dar retta alle voci. Poco tempo prima i Senatori avevano fatto giuramento di difendere la sua persona con le loro vite, se ne fosse stato necessario, e forse Cesare davvero credette a quel giuramento. Altri come Svetonio, riportano la sua depressione degli ultimi tempi. Stanco e affetto da epilessia che lo lasciava spossato, Giulio aveva allentato il mordente sulla vita. O forse per sfidare la sorte? Soldato, guerriero, orgoglioso, arrogante; credeva da solo di poter sconfiggere tutti? Che poi solo solo non era. Continuò ad essere accompagnato dai littori, uomini nerboruti che con bastoni e scuri avrebbero allontanato i male intenzionati in caso di bisogno. O forse, in parte sapeva che la  sua esistenza in vita avrebbe scongiurato nuove guerre civili (che in effetti poi puntualmente ci furono), in parte volle essere coerente con il suo programma di riforma pacifica e clemente. Egli davvero pensava che le sue riforme razionali e moderate fossero per il bene di tutti, anche di quella parte dello Stato che ancora non aveva il quadro ampio della nuova politica, ma che col tempo sarebbe stato proiettato in un futuro sovranazionale. E per questo, il “dittatore democratico”, liquidò la scorta:” ...Sperimentare sulla propria pelle, se un’intera vita spesa in tutte le circostanze e su tutti i fronti per realizzare la propria vocazione a realizzare il messaggio di un’esistenza totale e più umana delle moltitudini assembrate all’ombra della sua visione politica, avesse avuto un senso, cioè un’incidenza positiva sulla natura dell’uomo....nel momento supremo della sua vita, Cesare volle affrontare il definitivo dilemma: ottenere una nuova e strepitosa vittoria politica bloccando con il suo temerario coraggio le intenzioni omicide dei congiurati, oppure una rapida morte cui egli andava consapevolmente incontro: cioè in fondo un suicidio per mano altrui” queste le considerazioni illuminate di Luca Canali.
Ed è con questa consapevolezza che Cesare si appresta al giorno fatidico, al suo appuntamento con il destino.
                                                                        
​                                                                 CONTINUA..........


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